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Res publica: Come Bruto cacciò l'ultimo re di Roma



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ROMA, 510 A.C. Tarquinio il Superbo, salito al trono usurpando il potere di Servio Tullio, tiranneggia il popolo, asserragliato nella dimora regia. Ha intorno la perfida Tullia, sua moglie, i figli e una corte di adulatori e delatori. Ogni assemblea popolare è stata soppressa e nella piazza pubblica del Foro, abbandonata, crescono le erbacce.
Un uomo solo ha il coraggio di opporsi al tiranno: è Lucio Giunio Bruto, suo parente. È cresciuto alla corte del re, dopo che questi aveva sterminato la sua famiglia, e lui si era salvato fingendosi brutus, idiota. La scintilla che fa scattare la vendetta è lo stupro di Lucrezia da parte di Sesto, figlio debosciato del tiranno. Bruto estrae dal petto della matrona il pugnale con cui si è uccisa, per la vergogna di essere stata violata, e su di esso giura, con il marito, il suocero e un amico, di liberare i concittadini dal giogo del Superbo. Al racconto dello stupro, il popolo di Roma si rivolta, abolisce la monarchia, affida il governo a due consoli e ristabilisce le assemblee popolari. La Repubblica viene così fondata sulla base di un principio fondamentale: la legge è uguale per tutti. È la fine di ogni privilegio.
In queste pagine, Carandini riprende la saga dei Tarquini, tracciando un affresco storico che attraverso lo studio delle fonti ricostruisce eventi, passioni e idee di uno dei momenti cruciali della storia di Roma, divenuto simbolo universale di libertà: monito valido anche nei nostri giorni, contro ogni aspirazione a un potere arbitrario o enorme. .